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martedì 28 febbraio 2012

Il lago di Telese

Telese (Benevento). E' un lago situato nel comune di Telese Terme ai confini con quello di Solopaca, nella valle del fiume Calore, in provincia di Benevento. Località turistica, oggi simbolo della cittadina. Formatosi a seguito del terremoto del 1349. È di origine carsica e ha una forma circolare, un perimetro di 840 metri e una profondità compresa tra i 20 e i 30 metri; la superficie misura circa 49.000 metri quadrati. Soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, era una meta preferita di tantissimi turisti, per pic-nic, passeggiate, pesca e balneazione.
In quegli anni era presente anche una piccola piscina con la relativa spiaggetta per i bagnanti. La balneazione era resa più sicura dalla presenza di un presidio dei vigili del fuoco, con la relativa barca di salvataggio. Una caratteristica del lago è quella di essere relativamente profondo già presso la riva, fatto che ha provocato anche degli incidenti. Presso il lago sono presenti altre tre strutture: un motel-ristorante-bar, un bar e un ristorante-pizzeria. Oggi è diventato più che altro un luogo ameno e tranquillo, che si affolla molto solo in particolari giornate dell'anno.

venerdì 24 febbraio 2012

Festa Paesana con Pancotto

Roccaromana (Caserta)
dal 31/03/2012 al 01/04/2012

Salutando la primavera la piccola Roccaromana, in provincia di Caserta, presenta il piatto tipico primaverile della tavola contadina: il "Pancotto" con le erbe genuine e nutrienti della campagna circostante. Il pane benché raffermo veniva riutilizzato per necessità mangiato bagnato nell’acqua o cotto con verdure e /o legumi. Restava comunque un piatto energetico che serviva a fornire forza durante le giornate faticose dei lavori nei campi. 
Le erbe raccolte erano e sono, visto che la tradizione continua ancora oggi, i cardi, le cicorie, i "cardigli" ( simile alla cicoria ma con foglie più pungenti, chiamati anche cicorione), le "urraine" (borragine) ed altre meno note venivano utilizzate crude e cotte, all’insalata, fritte con l’aglio, nelle minestre con legumi e carne di maiale e nel "panecuotto" che è la ricetta seguita nella proposta di questa Festa paesana.  
Si accompagnerà a questo piatto un secondo di Baccalà fritto e di Baccalà con gli "appiennuli", pomodori appesi a reste, vale a dire quei pomodorini che si raccoglievano a settembre acerbi, venivano appesi a grappoli e poi si conservavano da una stagione all’altra appesi ai balconi o sotto i porticati delle masserie. La preparazione resta quella della tradizione contadina dove alcune volte il baccalà era anche sostituito dallo stoccafisso. Quindi il 26 e 27 marzo dalle ore 19.30 antistante il giardino dell’Oratorio Giovanni Paolo II presso la Chiesa dell’Annunziata a Roccaromana si terrà tra altre tipicità, la ripresentazione di questi due piatti principali Pancotto e Baccalà povero l’uno, un po’ meno l’altro ma entrambi espressione della vita semplice di una volta.

mercoledì 22 febbraio 2012

Provolone del Monaco

La tesi più accreditata sulle origini della denominazione “Provolone del monaco” si riferisce al fatto che i casari che sbarcavano all’alba nel porto di Napoli, con il loro carico di provoloni provenienti dalle varie località della penisola sorrentina, per proteggersi dal freddo e dall’umidità, erano soliti coprirsi con un mantello di tela di sacco, che era simile al saio indossato dai monaci. Una volta arrivati a Napoli, la gente che lavorava al mercato iniziò a chiamare questi contadini, monaci, e di conseguenza il formaggio che essi trasportavano, Provolone del Monaco.

lunedì 20 febbraio 2012

Carnevale Pontelandolfo 2012

La Leggenda della Ruzzola del Formaggio

Narra la storia che a Pontelandolfo, c’era una volta un ricco Barone, proprietario di molte masserie e tante terre coltivate, ma anche, in parte, tenute a pascolo d’armenti. 
Questo barone, amava il gioco. Nel tempo di carnevale era uso ad andar per cantine ad ingaggiar partite di tressette con chiunque gli capitasse a dar la sfida. 
Una sera di carnevale, per l’appunto, si era già fatto tardi e nella taverna si era al lume di candela, quando il barone si attaccò con un suo lavorante, di nome Pasquale, a giocare a tressette.
Pasquale era ritenuto un campione, ma il barone neanche scherzava. Le vincite si distribuirono dapprima equamente da una e dall’altra parte, e l’alea del giuoco andava ad aumentare l’accanimento dei giocatori e di chi li stava a guardare.
Poi, Pasquale, cominciò ad avere fortuna.
Il gioco durò tutta la notte. Alle prime luci dell’alba, il barone aveva perso due masserie e un buon pascolo tenuto a quel tempo ad erba medica.
Il barone era un uomo d’onore e tenne fede ai debiti del gioco, le masserie e il pascolo furono di Pasquale.
Ma le vecchie vacche del Barone della stalla alta, abituate al vecchio pascolo, non ebbero notizia del cambio di proprietà e vennero a pascolare dove, da sempre, avevano più gusto a mangiar erba. Ma il pascolo era ora di Pasquale e lui lo venne a sapere.
Pasquale era un uomo di carattere, non ebbe a tenersi tale affronto: si recò dal Barone all’ osteria del paese, e pretese il suo:
“Le vostre vacche sono scese a pascer la mia erba – disse al Barone – e a me ora tocca parte del formaggio che da loro ne avrete “ .
Il barone reagì alla arrogante richiesta di Pasquale: “Giammai, te lo darò. La terra si che ti spetta ma la prima erba che era là, sul campo, già prima della vincita, e’ ancor mia!”
Nacque la contesa.
Ci furono partigiani per l’una e per l’altra parte. In breve la cosa diventò grossa. I nobili dell’ epoca davan ragione al barone. Gli umili e senza casato furon subito con Pasquale.
Il Barone non si tenne la cosa e una notte mandò un fidato ad appendere una forma di cacio al balcone di Pasquale in segno di sfregio, perché tutti vedessero.
Non poteva finire così e Pasquale non gradi l’omaggio. Ci pensò, ci ripensò e da uomo accorto quale era, non voleva che tutto volgesse al peggio.
Chiamò alcuni amici fidati e mandò, al barone questo messaggio: “Quello che e’ nato dal gioco, nel gioco finisca. Ci vediamo domenica mattina sotto alla piazza della Teglia.
Il Barone non aspettava altro.
Era un uomo forte e preciso e la partita di formaggio fu uno spettacolo che, dicono, non s’è più visto.
Vinse il barone al’ammonte. Al sott pattò Pasquale. Continuò così per tutta la notte e i giorni appresso.
Narra la leggenda che la partita non e’ mai finita e ancor oggi nelle notti di carnevale Pasquale e il Barone continuano la partita di formaggio che non avrà mai fine, fino a quando questo gioco resterà vivo nel cuore, nella mente e nell’anima di chi nasce a Pontelandolfo. 
E ogni anno, il gioco si rinnova. 
Durante il carnevale i Pontelandolfesi più gagliardi scendono sul viale per emulare le gesta di Pasquale e del barone nell’antica tenzone.

Carnevale di Saviano 2012

Saviano (Napoli)


Sagra della Patata 2012

Angri (Salerno)
26/05/12 - 27/05/12

Anche quest'anno si ripete l'appuntamento previsto per il 26-27 maggio con la Sagra della Patata, iniziativa organizzata dall'associazione "NOMOS "onlus e dai gruppi parrocchiali della Chiesa Regina Pacis 

La patata, ricca di acqua, sali minerali, vitamine e potassio è il più versatile tra gli ortaggi conosciuti. Da quanto emerge da un analisi della Coldiretti, le patate sono la produzione orticola più importante in Campania, sia per superficie coltivata (oltre 12 mila ha), che per quantità prodotte (3,5 miliardi di chili tra comuni e novelle).

Rinnovata, questa IV° edizione della Sagra, non solo valorizza uno dei prodotti di punta dell'economia agricola dell'agro con una festa dall'aspetto semplice e gioioso, ma in seguito all'autorizzazione per la coltivazione per uso industriale della patata transgenica in Europa.

Quest'anno la sagra vuol essere una rievocazione di quello che poteva essere la vita popolare delle campagne, rievocando l'arte, i mestieri e la bellezza di un tempo. Pertanto, saranno allestiti stand di esposizione di antichi utensili da lavoro riportando in vita alcuni mestieri e giochi ormai scomparsi.

Nella giornata di domenica la tradizionale sfilata dei trattori per le vie del centro abitato delle macchine che lavorano la terra, la vendita diretta dei prodotti dell'Agro.

Le serate saranno allietate da musica della tradizione contadina e non solo, giochi, balli popolari e dalla degustazioni di prodotti tipici a base di patata. La festa si concluderà con la premiazione della patata più grande e i fuochi in onore di Sant'Isidoro.

giovedì 9 febbraio 2012

Detti e Proverbi 2

'O 'lleccà piatte pur' è mangià - Il leccar piatti è anche mangiare

Morte e marito nun aspettà mai quanno veneno - Morte e marito non aspettare mai quando giungono

Mentre 'o miedico studèa 'o malate mora - Mentre il medico studia il malato muore

'E guaie d' 'a pignata 'e ssape 'a cucchiaia - I guai della pignata li conosce il mestolo

Ai voglia 'e vutta' rum: 'nu strunzo nun po' mai addeventa' babà - Hai voglia di innaffiare di rum:
uno...str.... non può mai diventare babà

'E meglie parole songo chelle ca nun se diceno; 'e meglie affare songo chille ca nun se fanno - Le migliori parole sono quelle che non si dicono; i migliori affari sono quelli che non si fanno

'O vino bbuono se venne senza frasca - Il vino buono si vende senza la frasca

Nun esiste cosa cchiù pesante de' 'na persona vacante - Non esiste una cosa più pesante di una persona vuota

Chi tene mala capa adda tenè bbone ccosce - Chi tiene una testa..vuota deve avere buone gambe

Giacchino facette 'a legge e Giacchino fuie acciso - Gioacchino fece la legge e Gioacchino fu ucciso

Fattello cu' chi è meglio 'e te e fance 'e spese - Fattela con chi è migliore di te e rimettici le spese

Dicette 'o pappece 'nfaccia 'a noce: damme 'o tiempo ca' te sportoso - Disse il tarlo alla noce: dammi il tempo che riuscirò a bucarti

'O troppo deritto more pe' mmano do' fesso - Il troppo dritto muore per mano dello sciocco

'E corne 'e mamma non so' tanto; 'E corne da sore, so' corne 'e oro; 'E corne 'da mugliera so' corne overe - Le corna della mamma non sono tanto; Le corna della sorella sono corna d'oro; Le corna della moglie sono corna vere

Cunsiglie 'e volpe dannaggio 'e galline - Consigli di volpe danni per le galline

Quanno è giunta ll'ora se trovano 'e sante surde e 'e miedice cecati - Quando è giunta l'ora si trovano i santi sordi ed i medici ciechi

Massimo Ranieri

All'anagrafe Giovanni Calone. E' il 3 maggio del 1951 e siamo a Napoli in via Palonetto 41. Giovanni, figlio di Giuseppina Amabile ed Umberto Calone è il quinto di otto figli, Titina, Aniello, Teresa, Nunzia, Pasquale, Fabrizio ed Annamaria. A soli 13 anni con lo pseudonimo di Gianni Rock incide il suo primo disco e sbarca a New York in tournèe come spalla di Sergio Bruni. La svolta che lo porterà a scegliere inizialmente il nome di "Ranieri", che solo nel 1968 verrà accompagnato dal nome Massimo. Quell'anno Canzonissima si chiama Scala Reale ed un quindicenne Ranieri canta ‘L'amore è una cosa meravigliosa' a cui seguirà una strepitosa carriera.

Chiacchiere e Sanguinaccio

Sono i dolci caratteristici di questo periodo e ne esistono tantissime variazioni. Il sanguinacccio dovrebbe essere preparato con il sangue di maiale da questo componente ne prende il nome, ma da svariati anni lo si prepara col cioccolato

Chiacchiere: 350-450 grammi di farina doppio zero; 75 grammi di zucchero; 100 grammi di burro; 2 o tre uova; un bicchierino di brandy oppure mezzo bicchiere di vino bianco secco.
Disporre zucchero, farina e burro sul piano di lavoro, impastate aggiungendo, le uva alternando con un po' di liquore fino ad ottenere una pasta morbida, ma abbastanza consistente. Si aggiungano uova e liquore un po' alla volta per evitare le la pasta sia troppo dura o morbida. Anche per questo la quantità di farina varia come il numero delle uova. Cominciare a lavorare 350 grammi di farina e aggiungere l'altra se l'impasto viene troppo morbido. Lasciate riposare per un po' di tempo e poi stendete la pasta con un mattarello con uno spesso di 2-4 millimetri se si desiderano un po' morbide, più sottili se si vogliono leggermente croccanti. Tagliate a listarelle con una rotella da dolci e poi friggete in olio abbondante, asciugare su un foglio di carta da cucina e cospargere quando ancora sono calde di zucchero a velo vanigliato.

Sanguinaccio: mezzo chilo di zucchero; mezzo litro di latte; 150-200 grammi di cacao magro; una bustina di cannella; una tazza di caffè amaro; 50 grammi di amido di mais.
In una pentola mischiate zucchero, cacao e la bustina di cannella; aggiungete il latte freddo poco alla volta fino a creare una crema liscia. Mettete sul fuoco e aggiungete poco alla volta l'amido di mais e la tazzina di caffè. Appena bolle togliete dal fuoco e continuate a miscelare possibilmente con una frusta per evitare che si formino grumi. Lasciare raffreddare e servire insieme alle chiacchiere.

Agerola

Dopo la decadenza della Repubblica di Amalfi, i conseguenti periodi difficili, Agerola a differenza degli altri paesi della Costiera sopportò bene le carestie per la sua autonomia economica e per la sua favorevole posizione geografica. Ma nonostante tutto dovette soccombere alle varie dominazioni dei secoli successivi; la dominazione normanna, sveva, angioina, aragonese e borbonica. Dal XVI secolo Agerola divenne il covo naturale di briganti ed avventurieri che per la sua fitta macchia diveniva un comodo nascondiglio. Nei secoli successivi Agerola entrò a far parte del Regno di Napoli e ne segui le vicende fino all'unità d'Italia. Nel 1700, mentre gli altri paesi della Costiera erano in profonda crisi e calo demografico, Agerola ebbe un notevole incremento demografico e prospero, ciò fu dovuto alle nuove riforme borboniche che migliorarono le condizioni di vita assieme alla fortunata condizione geografica e ad una più attenta vigilanza sul territorio contro il brigantaggio. Nel periodo della rivoluzione francese i dotti agerolesi ne assimilarono bene lo spirito ed opportunisticamente non si persero l'occasione di aderire rapidamente alla Costituzione democratica della Repubblica Partenopea. Attualmente Agerola, soprannominata "La Piccola Svizzera" per il paesaggio gradevolmente montano, per gli edifici costruiti con gusto e l'ammirevole ordine delle strade; come tutti gli altri paesi della Costiera Amalfitana è meta ambita di turisti in cerca di aria e cibi genuini, il clima di montagna ed il vicino mare di Amalfi donano al turista un connubio ideale di vacanza moderata, dove si può godere del fresco naturale dovuto all'altitudine ben lontano dalla calura che affligge la Costiera nei mesi più caldi e l'aria frizzante e ben ossigenata dai boschi circostanti, dove si possono trascorrere giornate nella tranquillità più assoluta senza però rinunciare alla mondanità ed il mare dei vicini paesi della Costiera. Negli ultimi anni Agerola si è attrezzata sempre più per accogliere il turismo, ma molto intelligentemente le strutture conservano il loro carattere originario in stile montano e contadino; agriturismi e ristorantini sono in ogni angolo del paese, dove si offrono prodotti locali genuini e per tali ragioni anche che Agerola e' preferita da molti intellettuali e gente sensibile, agli altri paesi della Costiera.

Cicoli

Si sa che del maiale “non si butta via niente”, così che nelle zone di Mugnano del Cardinale e Quadrelle, in provincia di Avellino, si lavora il grasso del suino per ottenere i cicoli. I cicoli non sono altro che il risultato della bollitura delle parti grasse del maiale in un pentolone, laddove la parte liquida formerà, una volta solidificatasi, la sugna, mentre i panetti solidi residuali, dopo la spremitura, sono i cicoli. Si possono certamente definire un cibo della tradizione, dal sapore forte e peculiare, ma ricco di grassi; i cicoli sono ancora oggi abbastanza utilizzati nella cucina campana, soprattutto come ripieno per pizze e torte rustiche.

mercoledì 8 febbraio 2012

Falanghina

Aree di produzione: Napoli
Affinamento: - anni
Caratteristiche: fermo
Abbinamento consigliato: ostriche, frittata alla marinara, zuppa alla marinara
Colore: giallo paglierino più o meno carico
Odore: delicato gradevole e tipico
Vitigni: falanghina(90%) ammessi altri vitigni bacca bianca (max10%)
Sapore: asciutto, abbastanza fresco e armonico
grad. alcolica min. 11

Eremo San Vitaliano

Casola (Caserta)
Immersa nel verde a Casola, uno dei casali di Casertavecchia, poco dopo la sorgente d'acqua Tellena, si adagia tra i colli Tifatini. Un'antica costruzione, più volte modificata nei secoli, che conserva ancora le tracce delle sue antiche origini: l'eremo di San Vitaliano.
Luogo di pellegrinaggio e di importanti credenze religiose, è, secondo la tradizione, l'eremo dove sostò, nel suo cammino il vescovo-santo, Vitaliano.
Ancora oggi gli abitanti dei casali conservano l'antico culto di questo Santo che dimorò tra loro oltre dieci secoli fa. Tanto che ogni anno, a Maggio, i quattro casali si recano in processione fino all'eremo. Ma il santo è anche festeggiato il 16 Luglio di ogni anno dalla parrocchia di Casola, con una grande festa, per impetrare la sua protezione, è infatti ritenuto il protettore della pioggia contro la siccità .
Vitaliano fu Vescovo santo di Capua cui ancora oggi migliaia di persone rendono omaggio visitando il suo eremo poco meno che disfatto, appollaiato tra il verde dei colli Tifatini. Mancano fonti realmente verificabili; ci si può solo affidare alla bellezza e al fascino della leggenda.

Nocillo

La sua origine si perde nei secoli e la sua preparazione è legata ad una metodologia precisa e quasi rituale. L’ingrediente principale da cui è costituito, le noci verdi, devono essere raccolte e tagliate il giorno di San Giovanni, il 24 giugno; in quel giorno, infatti, si trovano nel loro momento “balsamico” poiché il gheriglio, protetto dal mallo verde e dal guscio morbido, non presenta gocce d’acqua al suo interno ma è ricco di oli essenziali. Le noci, comprensive di mallo, vengono lasciate macerare in alcool per trentaquaranta giorni in bottiglie di vetro ben tappate ed esposte al sole, che devono essere agitate di tanto in tanto. Al termine del periodo di macerazione il composto viene filtrato e diluito a freddo con uno sciroppo preparato a parte con acqua sterilizzata e zucchero, ed aromatizzato con chiodi di garofano e cannella: dopo l’imbottigliamento si lascia riposare per almeno due mesi prima di consumarlo.

Marina di Camerota

Marina di Camerota (Salerno)
E' una meta turistica molto apprezzata, sia per lo splendido paesaggio sia per l’attrezzata rete di servizi ricettivi che offre al visitatore, di cui fa parte il suggestivo porto turistico. È altresì rinomata per l’elegante e variopinto artigianato della terracotta, antico retaggio dell’età della Magna Grecia.
Da visitare:
Chiesa di Sant'Alfonso, Palazzo Marchesale e le splendide e numerosissime grotte disseminate lungo il litorale, alcune bagnate dal mare altre a pochi metri di quota, oltre ad essere semplicemente belle, sono di inestimabile interesse archeologico e speleologico. Ricordiamo le grotte maestose nello splendido porto naturale degli Infreschi (tra cui Grotta di Santa Maria, Grotta del Noglio, Grotta degli Infreschi), la magica Grotta Azzurra e la Grotta del Pozzallo.

Carnevale Apice 2012

Apice (Benevento)


lunedì 6 febbraio 2012

Ischia

La leggenda narra che Ischia sia stata generata dalla caduta del gigante Tifeo, ribellatosi a Giove e che ogni tanto smuove la terra con i movimenti del suo corpo. In realtà Ischia si formò in seguito ad una intensa attività vulcanica che ancora oggi si fà presente attraverso le numerosi sorgenti termali che abbondano su tutto il territorio.

L’isola d'Ischia è ricca di storia, si sviluppa nell’interno con una natura rigogliosa e offre mille occasioni di svago e di relax. I Greci antichi, che la sapevano lunga, impiantarono a Ischia i primi vigneti e per primi hanno goduto delle fonti termali.

Percorrendo le vie del Porto non si può fare a meno di visitare il Parco della Pagoda.
Spingendocisi verso le vie del centro si giunge alla bella Chiesa di San Pietro dalla quale è poi possibile giungere alla caratteristica Spiaggia di San Pietro che ha il nome del pescatore più famoso della storia.
Alfonso d'Aragona fece costruire un istmo interrotto da un ponte ad arcoIl Castello sorge su un isolotto di roccia trachitica collegato al versante orientale dell'isola d'Ischia da un ponte in muratura.
Percorrendo le vie del centro che portano ad Ischia Ponte, non si può fare a meno di visitare il caratteristico Convento di Sant'Antonio che custodisce al suo interno il corpo di San Giovan Giuseppe della Croce del quale Ischia Ponte ospita ancora la sua casa natia.

Lasagna

La lasagna è principalmente un piatto emiliano, modificato nella tradizione napoletana in occasione del Carnevale e divenuta nel tempo simbolo d’eccellenza della festa dell’abbondanza. Ingrediente fondamentale è un buon ragù che, al contrario di quello classico, va preparato rigorosamente con carne di maiale, che secondo la tradizione veniva macellato proprio nel periodo di Carnevale. Altro ingrediente fondamentale sono le polpettine, piccole quanto una nocciola, che vengono fritte in olio di oliva e messe ad ammorbidire nel ragù.Il ripieno delle lasagne è formato da ricotta di pecora, salsiccia napoletana, uova sode, mozzarella fior di latte e un misto di parmigiano e pecorino grattugiato. Il piatto viene cotto in forno finchè non si forma una crosta dorata e la lasagna non sia compatta.

Ricetta:
Per il ragù
mezzo chilo di spezzatino di vitello
mezzo chilo di cervellatine (salsiccette)
2 cipolle medie
2 cipolle medie
2 litri di passata di pomodoro
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
2 dl. abbondanti di olio di oliva
6 tacchiulelle (costine di maiale)
1/4 di vino rosso preferibilmente Gragnano
basilico e sale q.b.

Per le polpettine
2 etti di carne macinata
80 gr. di pane raffermo
1 uovo
parmigiano, sale e prezzemolo

Per il ripieno
300 gr. di ricotta di pecora (scegliete la romana, è più morbida)
250 gr. di cervellatine cotte nel ragù
250 gr. di fiordilatte fresco
200 gr. di parmigiano grattugiato

Per realizzare la lasagna è necessario preparare un ragù che è consigliabile preparare il giorno prima. Rosolare a fuoco medio le cipolle e la carne insieme finchè la carne non avrà creato una crosticina. Aggiungere una spruzzata di vino rosso e farlo evaporare mescolando. Quando la carne avrà preso un colore dorato, sciogliete il cucchiaio di conserva nel tegame e aggiungete la passata di pomodoro. Regolate di sale e mettete a cuocere a fuoco bassissimo, il ragù deve pepetiare, tipica parola che si usa a Napoli per indicare il suono del ragù. Mettete il coperchio sul tegame, senza chiuderlo del tutto. Lasciate cuocere per almeno quattro ore. Realizzate poi delle polpettine impastando la carne macinata con il prezzemolo, il pane bagnato e strizzato, il sale, l'uovo e il formaggio. Formare delle polpette piccole come una nocciola e friggetele. Una volta pronto il tutto potete realizzare la vostra lasagna. Tagliate le cervellatine (salsicce) a pezzettini e unitele alle polpettine insieme a qualche cucchiaio di ragù fate cuocere qualche minuto unendo qualche cucchiaio d'olio fritto. Mettete la ricotta in una ciotola, schiacciatela con una forchetta aggiungendovi qualche cucchiaiata di ragù deve uscirne una crema densa e omogenea. Tagliate il fiordilatte a pezzettini. In una pentola lasciate bollire l'acqua con un cucchiaio d'olio e lessatevi le lasagne toglietele al dente e lasciatele asciugare su un panno umido, distanti l'una dall'altra. Prendete una teglia a forma rettangolare ponete sul fondo qualche cucchiaio di salsa e fate un primo strato di lasagne, spalmatele con la ricotta preparata in precedenza e cospargete con il fior di latte a fettine, le salsicce e le polpettine, il ragù e il parmigiano.

venerdì 3 febbraio 2012

La Smorfia

L'origine del termine "smorfia" è incerta, ma la spiegazione più frequente è che sia legata al nome di Morfeo, il dio dei sogni nell'antica Grecia. La smorfia è tradizionalmente legata alla città di Napoli, che ha una lunga tradizione di affetto nei confronti del gioco del lotto.
Nella smorfia un vocabolo, un evento, una persona, un oggetto, è trasformato in uno o più numeri, attraverso una codifica anche abbastanza precisa che prevede un numero diverso a seconda del contesto. Ad esempio "giocare" fa 79, ma cambia se si gioca ai cavalli (81), al lotto (33), a calcio (50), a carte (17), o a scacchi (22) e così via.
La smorfia originariamente veniva tramandata oralmente, successivamente trascritta su carta. Vista l'origine popolare della smorfia, non sono poche le edizioni della smorfia che utilizzano le figure, per gli analfabeti, affiancate ai numeri.


La Smorfia è spesso stata fonte di ispirazione anche per il cinema diventando talvolta protagonista di dialoghi e sketch ideati e proposti soprattutto da attori napoletani.


Procida

Abitata da gente meravigliosa ed accogliente che ha fatto del mare la propria attività tradizionale, essa rappresenta un specchio di vita mediterranea puro, tradizionale ed autentico. 
E' l’isola più piccola del Golfo di Napoli e, sebbene meno “turistica” rispetto alle cugine Ischia e Capri, rappresenta l’ideale per una vacanza, un ponte, una gita, ma anche semplicemente per trascorrereuna giornata al mare all’insegna del relax!
Infatti, per quanto Procida offra meno locali, discoteche e meno “mondanità” rispetto alle altre isole, la sua caratteristica è proprio la riscoperta di un “posto di mare tranquillo”, un angolo autentico e naturale del Mar Mediterraneo in cui riscoprire la bellezza di fare cose semplici.
Da non perdere a Procida:
Il Centro Storico, noto come Terra Murata, in origine l’unico borgo abitato dell’isola, a circa 90 mt sul livello del mare, raggiungibile mediante una salita piuttosto ripida.
In questa zona è possibile ammirare l’Abbazia di San Michele Arcangelo, il Borgo Antico, il Convento di Santa Margherita, il Castello D’Avalos e molto altro.
L’isola di Vivara, centro archeologico dell’isola e meravigliosa riserva naturale, come Procida è un’isola di origine vulcanica ed è collegata ad essa da un ponte attualmente impraticabile.
Gli scavi, cominciati negli anni ’30 del secolo scorso, hanno evidenziato che Vivara era un importante porto commerciale, per le comunicazioni marittime con le regioni dell’alto Tirreno.
Le spiagge di Procida, hanno caratteristiche diverse, ma un comun denominatore, un mare azzurro e cristallino che attira migliaia di turisti in cerca di ore di totale tranquillità.
Da non perdere la spiaggia del Pozzo Vecchio , protagonista di alcune scene del film Il Postino di Massimo Troisi, la Chiaiolella la più frequentata spiaggia dell’isola, la Silurenza, nota anche per lo scoglio del cannone, senza dimenticare la Spiaggia della Lingua e quella di Ciraccio

Tarallo sugna e pepe

In dialetto napoletano “tarall’ nzogna e pepe”. È un tarallo al forno i cui ingredienti sono farina sugna e pepe ed è ricoperto da mandorle sulla parte superiore. Come molti dei prodotti alimentari di antica tradizione, la sua ricetta è il frutto della creatività di antiche generazioni, la cui principale preoccupazione era sfruttare tutte le risorse alimentari che avevano a disposizione. Furono, così, i fornai del XVII secolo che, per non buttare i ritagli avanzati dalla pasta con cui avevano appena preparato il pane, che decisero di aggiungervi un po’ di “nzogna”, cioè il grasso di maiale, e parecchio pepe e di darvi la forma di taralli intrecciati e di cuocerli in forno. All’inizio dell’800 il tarallo nzogna e pepe si arricchì di un altro ingrediente, che tuttora ne è parte integrante: la mandorla. Per la sua caratteristica di cibo povero, il tarallo si consumava nelle osterie accompagnato a del vino, mentre oggi è diffusissimo, consumato come aperitivo, che si può acquistare fresco nelle panetterie e nei chioschi: è un classico comprare i taralli a Mergellina, nei chioschi del lungomare, e sgranocchiarli passeggiando con una birra gelata.

Sapri

La cittadina di Sapri sorge su una piccola pianura costiera che s'immerge nelle acque della baia antistante, chiusa a semicerchio dai monti appennini che si ergono alle sue spalle. Durante la stagione estiva numerosi villeggianti popolano il suo bellissimo lungomare alberato.
La cucina offre i sapori genuini della tradizione gastronomica cilentana. Ad essa, oltre che alla placida calma offerta a quanti giungono dalla città, è legato il titolo apparso tempo fa su un quotidiano nazionale: 
"A Sapri non si muore mai".
Le origini di Sapri sono molto antiche, come attestano alcuni insediamenti dell'età del Bronzo scoperti poco lontano dall'abitato. Narra Erodoto che nel 510 a.C., quando Sibari fu rasa al suolo dai Crotoniati, parte degli esuli sibariti trovò rifugio presso la leggendaria città di Skidros, antica colonia greca dedita al commercio con le popolazioni lucane dell'entroterra. Skidros, benché avvolta nel mistero, è dai più localizzata in Sapri.

Carnevale di Agropoli 2012

Agropoli (Salerno)


Conca dei Marini

A quattro km da Amalfi, in direzione della più nota località di Positano, ecco sorgere un piccolo agglomerato urbano "Conca dei Marini". La tradizione vuole essere la fiera e bellicosa "Cossa", che Roma, nel corso delle guerre puniche la volle come alleata. Il centro arroccato su di un costone di roccia, vede alla sua sinistra una meravigliosa insenatura naturale, ove un tempo era adibita ad attracco della Repubblica Marinara. Il paese è sorvegliato da un' imponente torre saracena eretta nel XVI secolo, posta sul piccolo promontorio che separa la piccola spiaggia dall'insenatura ove a sede la grotta dello Smeraldo.
Conca dei Marini è da tempo luogo di turismo per chi ama le vacanze tranquille e riservate, numerose splendide ville sparse sulla costa sono spesso luogo di soggiorno di noti personaggi alla ricerca di privacy.
Numerose manifestazioni folkloristiche danno colore e vivacità alla cittadina durante tutto il periodo estivo. Infine, da non perdere il panorama sulla costa rocciosa dal belvedere di San Pancrazio dove si può ammirare un paesaggio di rara bellezza.

Filumena Marturano

Filumena Marturano è una commedia teatrale in tre atti scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo e inserita dall'autore nella raccoltaCantata dei giorni dispari. Nella drammaturgia internazionale è uno dei lavori più conosciuti e più apprezzati dal pubblico e dalla critica.
Trama
Filumena, una matura signora con un passato da prostituta, è stata per venticinque anni la mantenuta di Don Domenico (Mimì) Soriano, ricco pasticciere napoletano e suo cliente di vecchia data, di fatto amministrando e sorvegliandogli i beni e la casa come una vera e propria moglie.
Per costringere Don Mimì a sposarla e a fargli smettere la sua vita dissoluta si finge morente, ingannando anche un prete e un medico, e si fa quindi sposare con la falsa prospettiva, per Domenico che la crede in fin di vita, di un breve legame. Dopo aver scoperto l'inganno, Domenico, furente, si rivolgerà a un avvocato, che inesorabilmente spiegherà a Filumena che il suo stratagemma è stato inutile, perché un matrimonio contratto con l'inganno non può essere valido.
Davanti al trionfo di Domenico, la donna risponderà raccontandogli il disprezzo per la sua vita dissoluta e la sua ingratitudine (attraverso un monologo sulla sua infanzia nel Vico San Liborio di Napoli) e gli confesserà di avere tre figli, che non la conoscono come la loro madre e che ha cresciuto sottraendogli piccoli beni: uno di questi è suo figlio. Don Mimì naturalmente non le crede, ma Filumena gli ricorda quando una notte volle amarlo di un amore vero senza limiti che lui non capì, pagandola come al solito. Filumena ha conservato la banconota di quella notte sulla quale ha segnato la data del concepimento di suo figlio e che ora restituisce a don Mimì, «...perché i figli non si pagano».
Filumena ha deciso di dire ai giovani di essere la loro madre. Anche Don Mimì conoscerà i figli di Filumena e cercherà inutilmente di scoprire quali di questi possa essere suo figlio. Filumena non glielo dirà mai perché sa che don Mimì dedicherà solo a lui le sue attenzioni, favorendololo a scapito degli altri due. Quindi se don Mimi vuole essere padre di suo figlio lo dovrà essere per tutti e tre indistintamente.
Domenico finirà per sposare, sconsolatamente e disperatamente, Filumena, diventando il padre dei suoi tre figli.

film del 1951 completo a questo link: http://youtu.be/5y---hiUjbQ

giovedì 2 febbraio 2012

Pomodorino del Piennolo

Arrivato, dalla lontana America, il pomodoro ha trovato nel Napoletano il suo habitat ideale, prosperando ed evolvendosi verso specie domestiche sempre più pregiate. La sua coltivazione è divenuta una vera e propria arte e la tradizionalità di questa produzione sin dal XVIII secolo tanto che il "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio" è considerato uno dei prodotti tipici più antichi e dell'agricoltura campana, tanto da essere perfino rappresentato nella scena del tradizionale presepe napoletano.
Le caratteristiche distintive del prodotto sono:
allo stato fresco: frutti di forma ovale o leggermente pruniforme con apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare, buccia spessa di colore rosso vermiglio, polpa di consistenza elevata e di colore rosso, sapore vivace intenso e dolce-acidulo;
conservato al piennolo: colore della buccia rosso scuro, polpa di buona consistenza di colore rosso, sapore intenso e vivace. I "piennoli" o "schiocche" presentano un peso, a fine conservazione, variabile tra 1 e 5 chilogrammi.

Praiano

Il vasto territorio comunale di Praiano occupa il tratto di costiera amalfitana tra Positano e Conca dei Marini, il nome deriva dall'antico Pelagianum (mare aperto) trasformatosi nel Medioevo in Plagianum e poi in italiano Praiano. Al centro della parte alta del paese, in bella posizione panoramica, si trova la chiesa principale di Praiano dedicata al santo patrono del paese, San Luca Evangelista costruita nel 1588. La parte bassa di Praiano si allunga verso la Marina di Praia, l'unico punto di approdo della vecchia Plagianum, con la spiaggia scavata tra due alte pareti di roccia. Dall'altro lato di Capo Sottile, con splendida vista su Positano e su tutta la parte finale della penisola e sull'isola di Capri, si trova Vettica Maggiore. Poco distanti dal centro di Vettica Maggiore, scendendo verso il mare, si trovano la Torre di Grado costruita dagli Spagnoli nel periodo del Viceregno e la Spiaggia della Gavitella nella cala omonima, l'unica spiaggia della costiera amalfitana illuminata dal sole fino al tramonto.

Scalinate e passeggiate:
LE SCALE DELLA COSTIERA: Scale, scale e ancora scale. Sono dappertutto. E sono inevitabili. Ma quello che sembra essere un vero "flagello" per i turisti in realtà è un formidabile strumento di "comunicazione" e di "selezione". 

PASSEGGIATA DI TERRAMARE: Questo itinerario parte dalla Marina di Praia, fiordica insenatura al confine con le selvagge coste di Furore con, sullo sfondo, il Capo di Conca. Guardando il mare, color smeraldo, si prende la piccola stradina meravigliosamente "rubata" alla roccia. La si percorre fino a doppiare la torre, scoprendo, così, un angolo di quiete tipicamente mediterranea. Si ritorna indietro fino ad imboccare la salita di "Via Terramare", adorna di applicazioni in ceramica a soggetto per lo più faunistico. In pochi minuti e con superbe viste panoramiche sulla costa e sulla "Torre a mare" si raggiunge l'ingresso di quest'ultima.

PASSEGGIATA DEI PANORAMI: Poco prima della galleria in direzione di Positano, sale, dalla Statale la "Via degli Ulivi" tipica gradinata praianese che si inerpica verso l'alto abitato di Vettica Maggiore. All'incontro con uno stilizzato "cactus" una gradinata sulla destra ascende in vertiginosa pendenza e raggiunge la località "Tuocco".Il panorama sulla costa, su Positano e Capri è magnifico. Si segue la strada "in compagnia" degli isolotti de "Li Galli", le antiche Sirene Omeriche. Si raggiunge poi la Chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli in superba posizione. Costeggiando l'edificio sacro un altro straordinario panorama si apre: è quello su Praiano, con dietro le alture di Agerola, le ripidi coste di Furore e il Capo di Conca. E ancora: Salerno e il Cilento fino a Punta Licosa.

PASSEGGIATA DI SAN DOMENICO: Per raggiungere la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Castro con annesso convento dei Domenicani si segue l'inizio "dell'Itinerario dei Panorami" ma giunti in località "Tuocco" non si imbocca la carrabile, proseguendo, invece, per le scale di "Via San Domenico". E' preferibile fare questa passeggiata al mattino presto o nel tardo pomeriggio.

PASSEGGIATA DI GRADO: Dalla piazza San Gennaro si prende la sottostante Via Masa a sinistra (perché a destra conduce alla Gavitella, scenografica spiaggia di Vettica Maggiore) fino a raggiungere la prima gradinata (pubblica) che scende verso la Torre di Grado e il mare. Scenario romantico da consigliarsi nel tardo pomeriggio o al chiaro di luna.

La Zuppa di Soffritto

Detta anche "zuppa forte" è un piatto di antichissima tradizione. È una zuppa nata dall'esigenza di utilizzare tutte le parti poco apprezzate degli animali macellati; il suo ingrediente principale sono, infatti, le interiora del maiale: polmone, reni, cuore, milza, scarti carnei, cotenne, lardo. Le interiora devono essere lasciate in ammollo in acqua per essere private del sangue e poi asciugate e soffritte in olio bollente e sugna, fino a quando non si coloriscono; allora bisogna aggiungere vino rosso, una cucchiaiata di concentrato di pomodoro diluito in acqua bollente, alcune foglie di lauro, il rosmarino, abbondante peperoncino rosso e un pizzico di sale. La zuppa deve cuocere a fuoco basso per almeno due ore. Tradizionalmente, viene servita su fette di pane casereccio, ma rappresenta anche un ottimo condimento per la pasta.

Fiera del Crocifisso Ritrovato

Fiera del Crocifisso, che per tradizione si svolge ogni venerdì di marzo, a meno che questo non cada di Venerdì Santo, trarrebbe origine dalla venerazione di un'antichissima Croce lignea, che si trovava nella chiesa dei Padri Olivetani, nel Monastero di san Benedetto. A questa Croce, infatti, si attribuiva la miracolosa conversione di un famoso alchimista salernitano, tale Pietro Barliario, vissuto tra l'XI e il XII secolo. Leggenda vuole che un giorno, mentre il mago si trovava fuori di casa, due suoi nipoti, Fortunato e Secondino, entrati nel suo laboratorio aprissero casualmente un libro di negromanzia; atterriti nel vedere quei caratteri indecifrabili e quei nomi di demoni, i due sventurati fanciulli furono presi da tale spavento che caddero a terra morti. Il mago, fuori di sé per il dolore, bruciò quel libro infernale e corse alla Chiesa dei Padri Olivetani per implorare il perdono del Cristo Crocifisso. Qui, dopo tre giorni e tre notti di lacrime e preghiere, ecco il miracolo: la testa del Salvatore, staccandosi dalla croce, si piegò leggermente verso di lui e aprì gli occhi, in segno di perdono. Alla notizia del miracolo, una folla di pellegrini si riversò nella chiesa di San Benedetto e continuò a farlo nei venerdì di marzo, consacrati alla celebrazione della Croce, fino a quando il convento e la chiesa non vennero requisiti dal sindaco Luciani, per uso militare.

Ceramiche di Vietri sul Mare

L'artigianato ceramico è stato sempre uno degli elementi trainanti dell'economia vietrese. La documentazione scritta più antica risale al sec. XV, quando venivano prodotte langelle di nuda terracotta. La felice posizione di Vietri sul mare all'interno del commercio tirrenico, il diretto rapporto degli opifici con la spiaggia, centro gravitazionale della locale economia, il naturale apporto idrico che alimentava la forza motrice degli opifici, le retrostanti colline ricche di legname, la formazione di una locale classe imprenditoriale molto attiva, particolarmente legata al commercio con la Sicilia, la Sardegna, la Toscana, la Liguria, sono tutti elementi che favorirono lo sviluppo delle locali faenzere.

Le alte fornaci a tre piani, affidate alla protezione di Santo Antuono, sfornavano migliaia di piatti, di giarre, di boccali. I motivi decorativi tradizionali si rifanno ad una realtà arcadica, al di fuori del tempo e dello spazio, schematizzati nel segno del particolare decorativo. Pastori e contadinelle, paesaggi agresti, chiesette di campagna, casolari, animali che popolano lontane foreste, estranee al reale paesaggio vietrese, fatto di sole e di macchia mediterranea, che si staglia sul fondale azzurro del cielo che si fonde col mare. Sono questi i colori ripresi dalla tavolozza vietrese.

Sintesi creativa, immediatezza di immagine, colori che si accostano per contrasto e non per sovrapposizione sfumata, questi i caratteri che segnano il cammino della produzione vietrese, anche quando, sull'elemento locale, si innesta, dagli anni venti del sec. XX, l'apporto di artigiani ed artisti stranieri: olandesi e tedeschi in particolare. Con Irene Kowaliska lo spirito arcadico della locale produzione trova una sua precisazione spaziale: compaiono figure e scene tratte dalla vita del posto.

Sono figure di pescatori, di mamme coi loro bambini, segnate da una astrazione interiore che ne esalta il valore decorativo, sospeso in una fissità che travalica i bisogni contingenti dell'uomo, in un ideale ricerca del bello e del poetico anche nella semplice gestualità del quotidiano. Gli olandesi e Riccardo Dolker rinnovano il cromatismo tradizionale rompendone la luminosità con il nero notturno e misterioso dei loro fondali, sui quali si stagliano scene narrate, veri e propri racconti di vita quotidiana, religiosa, mitologica. Ma lo strumento espressivo è sempre lo stesso: colori accostati per contrasto, senza passaggi d'ombra, senza sfumature.

Vietri sul Mare

Vietri sul Mare è uno dei più importanti comuni costieri della provincia di Salerno, annidato nell'angolo più protetto dell'omonimo golfo, immediatamente ad ovest della città capoluogo ed all'inizio della Costa d'Amalfi, della quale può considerarsi "la prima perla". Il centro della cittadina, sovrastato dal monte San Liberatore, si adagia su un lembo terrazzato sul mare ed è dominato dalla chiesa madre di San Giovanni Battista, principale monumento cittadino, di impianto seicentesco, sormontata dall'elegante cupola maiolicata.

Sulla sottostante ampia ed attrezzata spiaggia si stende la frazione Marina, meta di flussi turistici estivi e di fine settimana, con al centro la cinquecentesca torre di difesa dai saraceni.

Le altre frazioni sono: Molina, che deve il suo nome ai numerosi mulini che già dal medioevo insistevano nella valle del fiume; Albori, borgo con caratteristico impianto urbano, abbarbicato sul versante orientale di una pittoresca valle dominata dal monte Falerio; Raito, che si affaccia come un balcone sul golfo di Salerno, dotata di una elegante e raccolta chiesa parrocchiale, con affreschi del Solimena; Benincasa e Dragonea, circondate da verde agricolo e boschi, base di partenza di sentieri montani; ed in posizione più decentrata la località Fuenti ai confini con Cetara.

Le origini di Vietri, secondo la storiografia più diffusa, sono riconducibili all'antica Marcina, città etrusca citata nella Geografia di Strabone, che si doveva estendere sul suolo di Marina con propaggini in Vietri capoluogo; si pensa ad una sua funzione prevalentemente mercantile, quale scalo a servizio di Nuceria. I ritrovamenti archeologici più recenti hanno messo in luce nel capoluogo delle tombe con corredo ceramico arcaico di stile corinzio, una struttura termale romana a Marina ed un "murus reticolatum" romano alla punta di Fonti, coperto dal mare.

Nei secoli scorsi le attività economiche degli abitanti della zona bassa erano indirizzate all'industria (in particolare la ceramica), artigianato e commercio marittimo; la rada di Marina ha svolto un ruolo peculiare a favore di Cava e dell'entroterra, soprattutto per i traffici con la Sicilia, la Calabria ed il Cilento.

Grazie alle sue caratteristiche ed alla sua storia Vietri è considerata uno dei centri di produzione ceramica artistica e tradizionale, per i quali una recente legge nazionale prevede la creazione di un proprio marchio che ne tuteli la produzione e l'immagine. Il museo allestito nella torretta di Villa Guariglia a Raito raccoglie reperti ceramici dal Settecento alla prima metà di questo secolo, nell'auspicio che future acquisizioni possano dilatare cronologicamente le testimonianze produttive.

'O Cuoppo di Paranza


Contro l'invasione di kebab il Cuoppo di frittura rappresenta il trionfo della cucina locale.
Per un' altezza di circa 20 centimetri, una veste di carta oleata ed il magnifico e saporitissimo ripieno di frittura di paranza (alici, gamberi e calamari), ama accompagnare il passeggio della movida. È l'identikit del cuoppo che sta conquistando i palati di tutte le età. Piatto estemporaneo e tradizionale delle città di mare, è tornato alla ribalta da circa un paio di anni, guadagnandosi un posto d'onore nella gastronomia tipica ed il fascino del cono di frittura di paranza è ulteriormente aumentato. A settembre, a Baronissi,  gli hanno dedicato un'apposita sagra: «Frienn' Magnann' o' cuoppo» dove è possibile degustare il cuoppo misto fritto e quello di alici.

mercoledì 1 febbraio 2012

Fagiolo di Controne

Piccolo, rotondo e bianchissimo, senza macchie e senza occhi, il fagiolo di Controne si distingue per l’alta digeribilità e per la buccia praticamente impalpabile. Introdotto nella valle del Calore nella prima metà del Cinquecento e coltivato dai monaci benedettini dell’abbazia di San Nicola di Controne, è tuttora reperibile nel comune salernitano. La comunità è formata da una cinquantina di produttori, che continuano a coltivare in modo tradizionale il fagiolo nelle zone a esso vocate. Seminato nella prima decade di luglio e raccolto a novembre, si può acquistare in loco durante la sagra organizzata, ogni anno, l’ultimo fine settimana del mese di novembre. Nell’occasione è possibile degustare alcuni piatti tipici della zona: fagioli al tozzetto (in bianco con una piccola fresella), fagioli e scarola, pasta e fagioli, lagane e fagioli.

Zeppola di San Giuseppe

La zeppola o zeppola di San Giuseppe è un tipico dolce dell'Italia meridionale, molto popolare nella zona vesuviana e, malgrado il nome, non trae le sue origini nel comune di San Giuseppe Vesuviano.

Vengono preparate generalmente nel periodo di San Giuseppe (19 marzo) tanto da essere un dolce tipico della festa del papà.Nella tradizione napoletana esistono due varianti di zeppole di San Giuseppe: fritte e al forno. In entrambi i casi le zeppole hanno forma circolare con un foro centrale dal diametro di 2 cm circa e sono guarnite ricoprendole di crema pasticciera con sopra delle amarene sciroppate.

Limoncello

Il limone della Costa d'Amalfi ha un nobile destino: quello di essere trasformato in rosolio. Le ricette sono molteplici e continuamente perfezionate nel corso del tempo. Nei tempi passati le ricette erano segrete o confidate con grande riservatezza. Il consumo del limoncello è stato per anni casalingo o, al più, offerto ai visitatori , agli ospiti e nei bar. Poi la fama si è diffusa, i turisti hanno cominciato ad assaggiare, apprezzare e raccontare. Lo sfusato amalfitano nasce in un territorio particolare, dal fascino unico.


Ricetta:
1 litro di alcool puro;
1/2 litro di acqua;
500 gr. di zucchero;
10 limoni verdi (di misura media);

Preparazione: Lavare bene i limoni e asciugarli; affettare sottilmente le bucce (senza il bianco) e metterle a macerare nell'alcool per circa 10 giorni in una bottiglia con apertura larga e chiusa ermeticamente.
Mettere la bottiglia in un luogo fresco e al riparo dal sole; ogni giorno agitare la bottiglia. Passati i 10 giorni, preparare uno sciroppo con 1/2 litro di acqua tiepida e lo zucchero (come da dosi), farlo raffreddare completamente. Togliere le bucce di limone dall'alcool, filtrare sia lo sciroppo che l'alcool; in seguito mescolare insieme i due liquidi, versarli nelle bottiglie e tapparle bene. Aspettare almeno 1 mese prima di consumarlo.

Furore



"Furore, il paese che non c'è, il paese non paese, col suo abitato sparso sui fianchi della montagna a strapiombo sul mare, si offre a piccole dosi, si lascia scoprire con civettuola ritrosia"


Il suo nome, verosimilmente, gli doveva derivare dal fiordo della sua Marina. Furore emerge dal completo anonimato con la compilazione del catasto carolino del 1752 che restituisce l'immagine di una piccola comunità costiera sparsa sul territorio, priva di terreni coltivabili e scarsamente abitata. 

Forse è per questo motivo che c'è chi sostiene che i primi abitanti di Furore fossero dei fuoriusciti di Amalfi, costretti a vivere in questo luogo così inospitale perchè indesiderati e mandati in esilio. Sia quel che sia, l'insediamento di Furore, fin da quando se ne ha notizia, è stato caratterizzato da un numero assai limitato di abitanti.

Furore è stato, per la sua particolare conformazione fisico-geografica, una roccaforte inattaccabile anche al tempo delle incursioni saracene. I suoi abitanti erano dediti alla pastorizia ed all'artigianato.

Il Fiordo ha rappresentato un porto naturale, nel quale si svolsero fiorenti traffici e si svilupparono le più antiche forme di attività industriali: cartiere, mulini alimentati dalle acque del ruscello Schiatro che scendeva dai Monti Lattari.

Alcune delle famiglie più importanti hanno dato il nome a luoghi e strade: Li Summonti. Le Porpore, Li Cuomi, Li Candidi. I summonti si trasferirono a Napoli verso il 1400. Ma lasciarono in Furore la loro impronta di uomini probi, costituendo una cospicua donazione di ducati con le cui entrate annue doveva maritarsi una "zitella povera e onesta" di Furore. I Furoresi erano, inoltre, tenuti a recare alla dimora napoletana dei Summonte, in segno di gratitudine e di rispetto "tre rotola di ragoste, bone vive et apte a riceversi".

Vesuvio

E' un vulcano esplosivo attivo (in stato di quiescenza dal 1944), situato nell'omonimo parco nazionale istituito nel 1995. La sua altezza, al 2010, è di 1.281 m, sorge all'interno di una caldera di 4 km di diametro. Quest'ultima rappresenta ciò che è rimasto dell'ex edificio vulcanico (Monte Somma) dopo la grande eruzione del 79 d.C.
Nel 2007 il Vesuvio è stato proposto alla selezione per eleggere le sette meraviglie del mondo naturale come Bellezza naturale italiana, non riuscendo però ad essere eletto dopo essere arrivato in finale.

Il Vesuvio non apparve sempre come un vulcano attivo. Per molti secoli fu un monte tranquillo. Scrittori antichi lo descrissero coperto di orti e vigne, eccetto per l'arido culmine. Anche diverse fonti iconografiche, come alcuni affreschi attualmente conservati presso il Museo Archeologico di Napoli, mostrano il Vesuvio come una montagna a picco unico, coperta di vegetazione e di vigneti.

Fra un grande cerchio di dirupi quasi perpendicolari c'era uno spazio piatto sufficiente ad accampare un'armata, tanto che nel 73 a.C., durante la terza guerra servile, Spartaco e i suoi seguaci si rifugiarono sul Vesuvio con l'armata dei ribelli che si stava ingrossando e con la quale vennero effettuati diversi attacchi alle tenute romane dell'agro campano. Attaccati dall'esercito di Roma, gli schiavi riuscirono a sottrarsi alla cattura, rinviando l'esito cruento della loro rivolta: utilizzarono i tralci delle viti che ricoprivano le pendici del monte per fabbricare scale con le quali fuggirono per l'unico passaggio non sorvegliato perché impervio.

L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è il principale evento eruttivo verificatosi sul Vesuvio in epoca storica. L'eruzione, che ha profondamente modificato la morfologia del vulcano e dei territori circostanti, ha provocato la distruzione delle città di Ercolano, Pompei, Oplontis e Stabia, le cui rovine, rimaste sepolte sotto strati di pomici, sono state riportate alla luce a partire dal XVIII secolo sotto la dinastia dei Borbone durante il Regno di Napoli.

Mostra d'Oltremare

La Mostra d'Oltremare fu inaugurata ufficialmente come Mostra Triennale delle Terre Italiane d'Oltremare il 9 maggio 1940, dal re Vittorio Emanuele III. Progettata dal Governo come Esposizione Tematica Universale, insieme al parco dell'Esposizione Universale di Roma (poi EUR). Il soggetto della prima mostra è stata una "celebrazione della gloria dell'impero italiano nell'Africa del nord e nel Mediterraneo", allora un tema comune tra le potenze coloniali per giustificare e rendere le popolazioni consce dell'importanza culturale, economica e militare delle loro colonie. Dopo solo un mese dall’inaugurazione, l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale ne comportò poi la chiusura.

Lo scopo della creazione a Napoli di uno spazio espositivo permanente così ambizioso era triplice:
- realizzare un luogo fortemente "celebrativo" per l'Italia ed il suo governo;
- aiutare lo sviluppo economico del Mezzogiorno
- incoraggiare l'espansione di Napoli verso i Campi Flegrei, una valle eccezionalmente bella che si estende tra le colline di Posillipo, i Camaldoli ed il golfo di Pozzuoli.

L'impresa richiedeva un grosso sforzo progettuale e la mobilitazione di enormi risorse. Per assicurare il successo dell'impresa furono realizzate due nuove strade ed una nuova linea ferroviaria con i loro rispettivi tunnel nella collina di Posillipo per unire Fuorigrotta alla città di Napoli; fu inoltre realizzata una funivia che collegava la Mostra con Posillipo. Il nuovo piano urbanistico del 1937 adottò alcune tra le idee di un piano del 1927, in particolare dello sviluppo di Napoli secondo un asse est-ovest in direzione del mare. L'intero progetto Mostra/Fuorigrotta è un esempio importante di pianificazione urbanistica del XX secolo in Italia; per Napoli è stato uno degli eventi urbani più significativi della sua storia millenaria.

Cece di Cicerale

La comunità “Cece di Cicerale” è una piccola realtà presente nel comune di Cicerale un piccolo borgo nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, fanno parte della comunità 10 produttori di Ceci di Cicerale, un prodotto che caratterizza il nostro territorio, prodotto in piccole quantità, ma di qualità eccellente. Grazie alla comunità del cibo l’obiettivo è quello di conservare, preservare e valorizzare le produzioni locali. Il cece di Cicerale è piuttosto piccolo ed è caratterizzato da un colore leggermente più scuro rispetto alla norma; per il suo basso contenuto di umidità alla raccolta si conserva per molto tempo e tende ad ingrossarsi notevolmente in fase di cottura; è molto apprezzato per le sue qualità organolettiche ed è impiegato in numerose ricette locali, come i ceci in tegamino, i ravioli alla crema di ceci o, addirittura, i ceci zuccherati.